Attenzione: questa puntata parla dell’ano (lo dice il titolo) e della cacca (lo dico io). Potrebbe urtarvi e magari disgustarvi. Vi prego di non leggerla nei dintorni di un pasto.
Attenzione: le informazioni riportate hanno solo uno scopo informativo ed educativo, non sostituiscono i consigli medici e non intendono essere una diagnosi.
Buongiorno, sono l’Ano. Anche detto buco del culo, dalle malelingue.
E non è vero che è tutto una merda. Neanche qui sotto.
Se l’argomento ti incuriosisce continua a leggere, se ti lascia indifferente anche, che magari scopri qualcosa. Se invece l’argomento ti repelle dovresti rivedere i rapporti che hai con il tuo ano, perché sebbene possano essere complicati, sarebbe meglio mantenere un dialogo, così da essere sicuri che tutto funzioni.
Nel caso uno non sapesse cosa sia un ano eccone una concisa spiegazione, leggermente asettica:
ano s. m. [dal lat. anus, propr. «cerchio», poi «orifizio»]. – Il tratto terminale dell’intestino, costituito essenzialmente da un apparato muscolare, formato in parte da fibre lisce (sfintere interno), in parte da fibre striate (sfintere esterno).
Questa definizione però, bisogna ammetterlo, non è affatto esaustiva se pensiamo ai nostri rapporti con questo buco e alla grande responsabilità che l’anatomia, e noi con lei, gli attribuiamo.
Ricordiamo che, oltre al transito degli escrementi, esiliati dalla nostra isola con infamia dopo un giusto processo e della discreta tortura (la digestione non sembra un trattamento così lusinghiero), l’ano può avere diverse funzioni.
Musicali. Ci si possono fare cose davvero degne di nota.
Odorose. Come un’impronta digitale di cosa abbiamo mangiato e di chi siamo. Eau de toilette.
Per qualcuno piacere.
Fastidio, quando si comporta come non dovrebbe e ci scatena contro maledizioni che spesso rispondono al nome di emorroidi, o simili.
Insulto. Quanti insulti usate che contengo la parola ano o simili?
Assaggio di cosa sia avere il controllo di qualcosa. Quando decidiamo noi e non lasciamo decidere a lui il momento di aprire i confini e far visitare ai piccoli escrementi-astronauti lo spazio fuori dalla navicella-noi.
Assaggio anche di cosa sia non avere il controllo quando dobbiamo così dannatamente evacuare da riuscire a percepire la rovina se dovessimo aprire le cascate ancora vestiti. Tu non sai chi sono io, urlano le feci che vogliono imperiosamente uscire.
E molti altri, dal momento che ognuno ha un rapporto speciale con i suoi buchi, neanche fossimo formaggio.
Per sdrammatizzare vorrei condividere con voi questo strumento, che permette di classificare, con rigore, la cacca, tipico prodotto finito umano, che viene smistato (dopo tutto il processo produttivo) proprio dall’ano.
Come se l’ano fosse un addetto qualità che, scrutando la cacca che passa sul nastro trasportatore, emettesse un suo parere sull’efficienza dell’intero processo produttivo (digestione) e delle materie prime (ciò che mangiamo). E in base al risultato della valutazione decidesse il destino nostro e delle nostre feci.
Le feci-cacca possono dire molto (non tutto) su come stiamo e su come stiamo mangiando e bevendo. Anche se qualche volta l’interpretazione delle feci-cacca può diventare talmente complicata da avere bisogno del supporto di un medico e dei suoi strumenti.
Scala delle feci di Bristol
Ci sono sicuramente immagini più sagge della Scala delle feci di Bristol di quella che ho scelto io, che è la torta che un ufficio ha regalato alla collega che parlava sempre di cacca. Poetica. Leggermente rivoltante. Curiosa.
Così come sapientemente indicato in figura, esistono qualcosa come sette tipi di cacca:
Tipo 1: Grumi duri e separati tra loro, con forma di noci o nocciole (difficili da espellere).
Tipo 2: Grumi uniti tra loro, con l'aspetto di una bruco.
Tipo 3: A forma di salame, con eventuali crepe in superficie. (Le crepe sulla torta non sono uscite tanto bene, li perdoniamo).
Tipo 4: A forma di salsiccia o serpente, liscia e morbida; espulse con facilità, lasciano la sensazione di completo svuotamento intestinale.
Tipo 5: Frammenti morbidi e separati, con margini ben definiti (facile da evacuare).
Tipo 6: Pezzi flocculari o informi, con bordi irregolari; feci pastose e frastagliate.
Tipo 7: Acquosa e liquida, senza parti solide.
I primi due tipi indicano un grado più o meno grave di stitichezza, dovuta all'eccessiva permanenza nell'intestino ed alla difficoltà nell'espulsione.
Il tipo 3 si avvicina ad una condizione ideale, evidenziando però la necessità - per l'organismo - di una maggiore assunzione di fibre o idratazione.
Il tipo 4 indica le feci ideali, espulse facilmente e seguite dalla sensazione di svuotamento dell'intestino. A mio parere una delle sensazioni più appaganti in assoluto.
Anche il quinto tipo è considerato accettabile, purché evacuato con facilità.
Il sesto è invece compatibile con un quadro tendente alla diarrea, pienamente riscontrabile nel settimo.
Questo non vuole dire che la cacca dovrebbe essere solo di un tipo per essere degna, ma che più ci si avvicina agli estremi (tipi 1 e 7), più sarà disagevole e sconsigliabile, e più sarà probabile che qualcosa non stia funzionando.
E tutti abbiamo sperimentato, almeno una volta, tutti i tipi di cacca perché le feci si modificano in base a quello che mangiamo (quanto e cosa), all’idratazione, ad eventuali patologie o disturbi (direttamente e indirettamente), all’ambiente esterno e ai cambiamenti fisiologici e ambientali, ai farmaci assunti, allo stato del microbiota intestinale e dell’intestino stesso.
Colpo di freddo = diarrea, dalla notte dei tempi.
Non bevo abbastanza = feci granitiche, da tempo immemore.
Non mangio = non cago, botta risposta.
Già il signor Ippocrate, nel 400 a.C. anno più anno meno, pensava che tutte le malattie avessero origine nell’intestino. E ha continuato a ripetercelo fino ad oggi (non lui, ma i suoi scritti).
Se poi volessimo sdrammatizzare ancora di più potremmo citare i colori della cacca, che hanno tutti un significato diverso, come le rose, che quando le regali devi fare attenzione per non incappare in incidenti diplomatici.
O come quando mangi le barbabietole e fai la cacca viola o rossa fluo e fino a che non colleghi le due cose, pensi che ormai è finita, morirai con onore dissanguandoti dall’interno.
Quindi non regalate della cacca gialla. Primo perché non è elegante regalare della cacca, secondo perché la cacca gialla potrebbe avere un odore poco invitante e terzo perché il giallo in occidente è simbolo di gelosia. Sarebbe un massacro.
Ma torniamo a noi, che si stava parlando dell’ano e ho delle cose da dirvi
Il discorso che segue è stato preso dal libro L’intestino felice di Giulia Enders 2019 Marsilio Editori.
Le nostre sedute al gabinetto sono prestazioni magistrali: due sistemi nervosi collaborano coscienziosamente per smaltire i nostri rifiuti con la massima igiene e discrezione. Nessun altro animale compie questa attività in modo altrettanto ordinato ed esemplare. A tale scopo il nostro corpo ha sviluppato ogni genere di trucchi e stratagemmi, a cominciare dai meccanismi di chiusura. Di solito si conosce solo lo sfintere esterno, che possiamo aprire e chiudere intenzionalmente. Pochi centimetri più in là esiste uno sfintere molto simile, che però non siamo in grado di controllare in modo consapevole.
Questi due muscoli di contenzione agiscono nell'interesse di due sistemi nervosi diversi. Quello esterno è un collaboratore fidato della nostra coscienza. Quando il cervello decide che non è il momento di andare al gabinetto, lo sfintere esterno ascolta la coscienza e si stringe il più possibile. Lo sfintere interno è il rappresentante del mondo interno inconsapevole. A lui non interessa se alla zia Berta piacciano o meno i peti. A lui sta a cuore solo il nostro benessere interno. Ci scappa una puzzetta? Lo sfintere interno vuole allontanare dal corpo tutto quel che ci crea disagio. Se fosse per lui, anche la zia Berta potrebbe scoreggiare più spesso. L'importante è che la vita interna sia gradevole e che non si abbiano fastidi.
Questi due sfinteri devono collaborare. Quando i resti della nostra digestione arrivano allo sfintere interno, questo si apre automaticamente. Poi, però, non passa subito tutto il carico al collega esterno, bensì solo un campione di prova. Nello spazio fra gli sfinteri interno ed esterno ci sono molte cellule sensoriali. Queste analizzano il prodotto, per vedere se è solido o gassoso, e inviano le informazioni al cervello, che in quel momento pensa: Devo andare al gabinetto!... o forse è solo un peto. Allora, con la sua coscienza consapevole, fa una cosa che gli riesce particolarmente bene: ci induce a sintonizzarci con l'ambiente circostante. Raccoglie dunque informazioni provenienti dagli occhi e dagli orecchi e consulta il proprio patrimonio di esperienze. In pochi secondi elabora una prima valutazione, che trasmette di nuovo allo sfintere esterno: Ho guardato, siamo nel salotto di zia Berta: magari una scorreggina potrebbe anche andare, se la fai uscire pianissimo. Roba solida meglio di no.
Lo sfintere esterno capisce e, lealmente, si stringe ancora più di prima. Questo segnale viene colto anche dallo sfintere interno, che stavolta rispetta la decisione del collega. I due si alleano e spingono il campione di prova in un'ansa che fa da sala d'attesa. Prima o poi dovrà uscire, ma non qui e non adesso. Un po’ di tempo dopo, lo sfintere interno tenterà nuovamente di mandare un campione di prova. A quel punto, però, saremo seduti comodamente sul divano di casa nostra: via libera!
Il nostro sfintere interno è un tipetto ordinato. Il suo motto è: quel che deve uscire, deve uscire. E in questo non c'è molto da interpretare. Lo sfintere esterno si deve sempre occupare del complicato mondo esterno. Potrei usare o no, in teoria, un gabinetto sconosciuto? Ci conosciamo abbastanza bene da scoreggiare in presenza reciproca o tocca a me rompere il ghiaccio? Se non vado adesso in bagno, dovrò aspettare fino a stasera, e nel corso della giornata potrei avere dei fastidi!
I pensieri degli sfinteri non sembreranno forse degni di un premio Nobel, eppure sono fondamentali per ogni essere umano. Quanta importanza diamo al nostro mondo interno e a quale compromessi scendiamo per adattarci a quello esterno? C'è chi reprime a ogni costo il peto più fastidioso finché non torna a casa con il mal di pancia, e chi a una festa in famiglia dice alla nonna di tirargli il mignolo per annunciare ad alta voce il suo peto, come se fosse un divertente gioco di prestigio. Forse, a lungo termine, il miglior compromesso stai in una via di mezzo fra i due estremi.
Se per molte volte consecutive ci tratteniamo dall'andare al gabinetto pur avendone bisogno, intimidiamo lo sfintere interno. Così facendo, rischiamo persino di fargli cambiare abitudini. Lui e la muscolatura circostante sono stati repressi così spesso dallo sfintere esterno da sentirsi scoraggiati. Quando la comunicazione fra i due muscoli di contenzione si raffredda, possono verificarsi addirittura degli ingorghi.
Quindi, riassumendo:
Ricordatevi di bere (acqua), perché la disidratazione è uno dei motivi più banali e frequenti di costipazione
Non fate arrabbiare nessuno dei due sfinteri, non se lo merita, e cercate di ascoltarli quando parlano o cantano
Imparate ad ammirare la cacca in tutto il suo splendore e le sue sfaccettature per capire se c’è qualcosa che forse non sta funzionando o sta solo funzionando diversamente
Anche l’alimentazione ha un suo ruolo, ma non è questo il momento di parlarne
Oggi è andata così.
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Sara