Le categorie (commerciali) della frutta e della verdura
Le differenze tra le varie categorie viene applicata a livello commerciale per definire l’impatto visivo della merce ed il suo confezionamento. Non è infatti detto che un frutto di seconda categoria venduto sfuso sia inferiore rispetto ad uno di categoria extra venduto in una confezione più curata.
La categoria della frutta e verdura è definita in base alla presentazione del prodotto, in particolare: peso, morfologia, dimensioni, assenza di danni, lesioni o ammaccature, assenza di odori o sapori estranei.
La frutta è suddivisa in tre distinte categorie:
Categoria “extra”: prodotti di qualità superiore che presentano dimensioni e forma uniformi, sono senza difetti alla vista e generalmente la loro confezione è particolarmente curata.
Categoria “I”: prodotti di buona qualità per i quali è ammesso qualche piccolo difetto di forma e qualche piccola imperfezione sulla parte esterna e la confezione deve essere curata.
Categoria “II”: prodotti di qualità mercantile per i quali sono tollerati difetti di forma e colorazione, possono essere confezionati alla rinfusa e presentare qualche imperfezione o ammaccatura.
Nell’etichettatura di frutta e verdura è poi necessario indicare, oltre alla categoria commerciale, anche il paese di provenienza (stato di origine o regione italiana di provenienza), la varietà e il calibro (la grandezza).
Quindi, la frutta e la verdura, prima di essere vendute vengono sottoposte ad un esame per decidere se sono belle abbastanza, normali abbastanza, degne abbastanza. Personalmente all’inizio non credevo che le categorie avessero solo questo significato estetico e di forma. Pensavo che interessasse il metodo produttivo, la minor trasformazione, la qualità. Mi sbagliavo, la questione è principalmente visiva.
E ci sono rimasta male. Cosa importa se sono tutte dello stesso colore e della stessa identica dimensione? Perché crediamo che la frutta e la verdura deviante sia meno buona e meriti di non essere acquistata e mangiata? Chi lo sa.
Ugly food (cibo brutto)
Il passaggio logico successivo è che, se devo vendere solo frutta e verdura simpatica e che misuri 90-60-90, allora ne butterò via molta (tutta quella diversa).
Ultimamente, per remare contro questo spreco del cibo brutto ci sono diverse iniziative e diversi progetti. Non mi interessa fare nomi e attribuire meriti (se vi interessa ci sono i collegamenti agli articoli che ne parlano) ma sappiate che ci sono e che mi hanno tranquillizzata, perché mi è sembrato sensato dare una possibilità ai diversi.
Perché quando raccoglievo le prugne dalle piante dello zio Matteo non ce n’era una uguale all’altra e poche avrebbero passato una prova costume o un concorso di bellezza. Ma buone, soprattutto quelle non putrefatte (destinate comunque a diventare grappa, non ad essere buttate, sia mai).
Dispensa sociale
E vi dirò di più. Ho partecipato come volontaria ad un progetto che si chiama Dispensa sociale che recupera, tra le altre cose, la frutta e la verdura dai supermercati, dai mercati o direttamente dai produttori. Recupera quello che è danneggiato, in parte andato a male o scartato e invenduto per qualsiasi motivo.
Separare la frutta ancora buona da quella marcia fa terribilmente schifo e ne esci provato per qualche mezz’ora, ma poi pensi che non è giusto buttare tutto il sacchetto perché una sola patata ha deciso di ricoprirsi di muffa poiché freddolosa. Stavolta il tutti per uno non funziona. Uno viene buttato e gli altri prosperano (per essere subitamente mangiati, ma tant’è).
Scusate, non volevo essere moralista, ma solo invogliarvi a dare una possibilità ai vegetali brutti, perché probabilmente saranno belli dentro (non tutti, ma la stragrande maggioranza).
A presto
Sara