Mentre scrivevo questa puntata sulle pause mi è capitato di leggere un articolo sulla pausa (La Pausa di Tonia Peluso): quel genere di coincidenze che ti fanno sentire osservato e superpotente (detto di persona con i superpoteri).
L’articolo non parla delle pause di cui parlerò io ma mi permette di introdurre il significato di pausa:
Con pausa s’intende in genere una sosta, una fermata, l’interruzione temporanea, più o meno breve, di un’attività destinata a riprendere. La pausa, per sua stessa natura, richiede che vi sia continuità. La sua esistenza ha come condizione imprescindibile la presenza di un prima e un dopo in cui andarsi a posizionare.
Le pause, insomma, sono un elemento importante della nostra esperienza quotidiana anche se oggi rischiano di essere viste come tempo perso a far nulla in una società che, al contrario, richiede di correre veloce, spesso senza neanche sapere dove andare.
Correre serve a sfuggire, anche da sé stessi. Le pause servono a restare.
Oggi vi chiederò di fare una pausa mentre sgranocchiate, consumate o trangugiate il vostro pasto. Come se steste giocando a Un, due, tre stella mentre mangiate. Chi si muove viene eliminato.
Quello che vi chiedo solitamente divide le persone. Ricordo ancora una lunga conversazione con un’amica sull’appoggiare le posate.
Lei ha sempre lottato con il mangiare e con il suo corpo e quando mangia non riesce ad appoggiare le posate, le tiene in ostaggio con grinta perché lei ha il diritto di mangiare, perché ha paura di lasciare andare le posate/il cibo/il pasto.
Si accanisce, ci si aggrappa. Il lasciare andare ha sempre una componente capace di metterci alla prova. Per lei è un lusso non essere perseguitata dal cibo, per me è un privilegio il non averci mai dovuto pensare così intensamente.
Quindi appoggiare le posate, fare una pausa mentre si mangia, mentre si mastica, per qualcuno è una sfida più dura di quanto io possa mai figurarmi.
Per tutti, qualsiasi sia il vostro rapporto con il pasto, può essere una pratica sensata farlo aspettare per interrogarvi su cosa/come/dove state facendo, su cosa sentite e percepite, sul vostro livello di pienezza.
Una pratica/pausa per cogliere, per interrompere, per gustare.
Alimentazione consapevole
Quando si inizia a osservare consapevolmente la propria alimentazione c’è un momento di iperscrutamento di quello che si sta facendo, molto più accentuato dello strascico di consapevolezza che si conserverà nella quotidianità una volta assodata la pratica.
Non dovrete fare pause per il resto delle vostra esistenza ma interrompere il pasto adesso potrebbe insegnarvi a tranquillizzarlo, normalizzarlo, ad affrontarlo con la consapevolezza di ciò che è.
Capita sovente che non ci si accorga neanche di stare mangiando, oltre a non accorgersi di essere sazi o di avere fame. Quindi c’è una pratica che consiste nel chiamare il Time out mentre si mangia, per rivedere lo schema di gioco, per ritornare concentrati, per capire se la squadra (voi) sta(te) funzionando.
Il Time out è una pausa. Mentre mangio mi fermo. Ma mi fermo senza l’intenzione di smettere di mangiare. La pausa la uso come espediente per controllare se ci sono, se sono distratto, cosa sto mangiando, se sono sazia, se ho sete, se ho ancora fame, se la bocca e lo stomaco dicono qualcosa.
Mi fermo. Appoggio le posate, mi allontano dal piatto, mi calmo, ascolto. Cosa sto facendo? A cosa stavo pensando?
Controllo del gusto: Che sapore ha quello che sto mangiando? Soddisfa il mio senso del gusto?
Controllo della sazietà: Ho ancora fame? Sto iniziando a sentire la sazietà? Mi sento soddisfatto o mi manca ancora qualcosa?
Bada che la risposta può essere: sto mangiando, quello che sto mangiando è croccante e salato, soddisfa decisamente il mio senso del gusto, ho ancora fame e continuerò a mangiare fino alla prossima pausa.
Non è un modo per mangiare di meno o non mangiare, ma per ascoltarvi, per tornare a quello che state facendo e al vostro corpo. Per non continuare fino alla fine del piatto ma fermarsi a quando si è sazi o quando si è soddisfatte.
Variazione sul tema
Rinforzare la scelta consapevole di fermarsi
Quando si decide che si è finito di mangiare (perché si è senza fame residua e/o soddisfatte) alcune persone trovano utile fare qualcosa che lo renda un atto cosciente.
Allontanare, riporre, chiudere il piatto/contenitore per dire Ho finito. Non al mondo intero ma a voi. O mettere le posate nel piatto, o alzarsi. Questi semplici gesti sono utili a ricordarti della tua decisione, rimarcarla, renderla evidente.
Ogni tanto, sovrappensiero, è facile continuare a mangiare anche se non si ha più l’intenzione di farlo, banalmente perché è già lì. E poi finire per sentirsi satolli, indigeribili.
Sensazione tosta quella dell’essere troppo piene. Da prevenire (con una pausa) piuttosto che curare.
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Sara