Prologo
La puntata dell’altra volta è stata per alcune persone lunga e per altre complicata.
Lo capisco, le sezioni di informazione e divulgazione sono le più ostiche. Ho provato in tutti i modi a ridimensionare, sfoltire, colorare e rendere ludico l’argomento, fallendo.
Questo mea culpa solo per dire che ricapiterà, perché non tutti gli argomenti sono stilizzabili od emotivamente coinvolgenti. Sentitevi in ogni caso liberi di suggerire o semplicemente commentare il contenuto, così come la forma, della pubblicazione. Cercherò di non ricadere nel buco dell’infomania che sovente mi inghiotte.
Fine del prologo
Udito
Ognuno ha un senso (vista, tatto, olfatto, gusto o udito) prediletto, che utilizza con più frequenza, di cui si fida maggiormente, che riconosce come sua caratteristica. C’è chi è molto fisico e brama il (con)tatto, chi riconosce più odori e si ritrova a snasare le ascelle di chi dorme con lui o lei, chi quando ascolta o legge visualizza la scena nella sua testa e per imparare delle nozioni deve vederle succedere, chi collega ogni ricordo ad un cibo e indovina sistematicamente gli ingredienti segreti delle ricette, chi vorrebbe abbattere la campane al tramonto con un bazooka perché sta cercando di concentrarsi e così via.
Oggi vi spingo ad esplorare l’udito, ma in una direzione insolita. Tendere l’orecchio e l’ascolto non ai suoni che vengono dall’esterno ma ai rumori che vengono dall’interno, che sorgono dal vostro corpo.
Potrà essere più o meno complicato in base alla vostra storia e alla vostra capacità di accogliere il corpo che avete, ma il fatto che richieda solo un corpo rende la pratica realizzabile a prescindere.
Prima della pratica una doverosa introduzione.
Lui è il signor John Cage
Ed è stato un compositore e teorico musicale statunitense. È considerato una delle personalità più rilevanti e significative del 1900 e la sua opera è centrale nell'evoluzione della musica contemporanea.
Ad un certo punto della sua vita gli capita di visitare la camera anecoica dell'università di Harvard, una stanza insonorizzata e acusticamente trattata, in cui poter ascoltare il silenzio. Cage però riesce a sentire dei suoni, i suoni del suo corpo: il battito del cuore, il sangue in circolazione, il respiro. Ciò che ne ricava è la consapevolezza dell'impossibilità del silenzio assoluto.
Il silenzio è una condizione del suono, è materia sonora: sottolinea e amplifica i suoni, li rende più vibranti, ne preannuncia l'entrata, crea suggestivi effetti di attesa e sospensione.
Il silenzio allora è un mezzo espressivo, è pieno di potenziale significato.
4'33"
Nel 1952, anche in seguito all'esperienza nella camera anecoica, compone 4'33", un’opera che può essere eseguita da qualsiasi strumento, che consiste, semplicemente, nel non suonare lo strumento.
La sostanza esecutiva dell'opera è un'operazione teatrale più che musicale. Un’opera più teorica che pratica.
Secondo Cage, 4'33” non è per nulla un'opera silenziosa, perché si concentra sui rumori casuali che capitano durante il silenzio dei musicisti. Gli strumenti a riposo, il respiro o i movimenti più o meno rumorosi delle persone intorno, spettatori e musicisti, magari qualcosa che cade, magari un colpo di tosse.
Curiosità per i più nerd: la durata particolare della composizione è probabilmente un riferimento allo zero assoluto: infatti, quattro minuti e trentatré secondi corrispondono a 273 secondi, e lo zero assoluto è posizionato a -273,15 °C, temperatura irraggiungibile, come il silenzio assoluto.
Nel caso voleste ascoltarla è qui, ma siete stati avvertiti: gli strumenti ci sono, ma non suonano. Nel caso decideste di ascoltarla: quali sono stati i vostri pensieri durante l’ascolto? L’avete ascoltata tutta? Avete sentito qualcosa? Vi siete immaginati gli strumenti e i musicisti che la eseguono? La vista (l’immaginazione) ha sostituito l’udito in questo ascolto? Si è infiltrato qualche rumore del vostro corpo?
La pratica
Può essere fatta in qualsiasi luogo, in qualunque spaziotempo e in qualsivoglia posizione. Può essere fatta addirittura in movimento.
Sarebbe meglio, all’inizio, essere da soli, sarebbe meglio non avere rumori esterni attorno, sarebbe meglio essere concentrati. Ma non è obbligatorio.
Durante la prossima settimana, e per quanto vorrete, vi sfido a cercare, trovare e affezionarvi ai rumori creati dal vostro corpo. Sarete voi gli strumenti. Tutti gli strumenti possono suonare 4’33’’ e il vostro corpo con loro, anche quando fuori c’è silenzio, anche quando fuori c’è una confusione assordante.
Vale qualsiasi rumore: dal battito del cuore, al rumore del respiro, allo scrocchiare delle ossa, ai rantolamenti dello stiracchiamento (rantoli da pandiculation1), ai brontolii dell’intestino. Valgono anche peti e rutti, per quanto mi riguarda. Vale tutto. Suoni che già ci sono, suoni che creiamo con il nostro corpo. Se avviciniamo l’orecchio, anche lo sfiorarsi delle mani è parecchio rumoroso. Vale ululare, percuotersi con contegno, cantare atavicamente, fischiare.
Se non trovate subito, o non avete già, un suono del vostro corpo che vi diletti, continuate a cercarlo, ascoltando o intervenendo per crearlo.
Più è piccolo il rumore e più sarà privato e replicabile anche in presenza di altre persone.
Notare che il nostro corpo emette suoni indipendentemente da quanto lo stiamo ascoltando.
Quindi, quello che vi chiedo, è di trovare il vostro personale rumore e usarlo come ormeggio per ricordarvi del corpo. Come espediente per ricordarvi di avere un corpo fisico, vostro, anche quando c’è troppo rumore fuori di voi, di qualsiasi rumore si tratti.
Quindi riassumendo la pratica è questa:
Trovare un rumore o un suono del vostro corpo che vi dia soddisfazione
Usarlo, quando la mente vi inghiotte, per tornare al corpo
Pat pat, cric croc, blurp, prot, sniff, fiu.
Eccomi, onomatopeica. Ci sono. Ho un corpo.
Come sempre, nel caso vogliate condividere il vostro suono con me, o che valenza attribuite ad esso, o che storia ha (se ha una storia), o quanto è capace di ricordarvi che avete un corpo odiosamato2, o se avete qualsiasi altra considerazione, potete rispondere a questa email o scrivere a corpiarrosto@gmail.com
Sara
In inglese, con il termine pandiculation, si definisce l’atto umano involontario di stiracchiarsi e subito dopo sbadigliare. È un’azione spontanea parte del funzionamento neuromuscolare di tutti ed è il modo naturale che il nostro sistema nervoso utilizza per attivare il nostro corpo assonnato.
Pandiculation è il nome del cortometraggio animato realizzato da Jakob Fløtre Eiring e Konrad Hjemli per l’esame finale del corso di animazione del Volda University College, in Norvegia. Dura meno di tre minuti e non è necessario sapere l’inglese perché quello che dicono non è rilevante, lo sono le immagini e i suoni.
Che suscita sentimenti misti di attrazione e repulsione.