Dopo i preamboli, molto tecnici e prolissi, ho pensato di iniziare subito con qualcosa di pratico, per ravvivare l'atmosfera e spolverare le circonvoluzioni cerebrali.
In principio era la pratica. Fare è il mio imperativo. Poi parlarne, certo, ma prima di tutto affondarci le mani, fare esperimenti, giocarci. Con il cibo e con i corpi.
In principio era l’aggettivo. Ci saranno altre sezioni sulla descrizione del cibo (verbi, complementi oggetto, pronomi, sostantivi) ma la più immediata, quando si descrive qualcosa, è indubbiamente l’aggettivo.
Quindi in principio1 non era il Verbo. Non per noi, non qui. (Non consideratemi eretica se utilizzo questa frase a sproposito, spero si capisca che non ho intenzioni malvagie).
L'altro giorno ho partecipato ad un incontro di alimentazione consapevole in cui mi veniva chiesto di porre attenzione a ciò che avevo portato da mangiare o da bere. Il mio unico compito era osservarlo e descriverlo con attenzione oggettiva, senza giudicarlo, usando tutti i sensi.
Era un incontro che raggruppava virtualmente persone da tutto il mondo: italiani (io), inglesi, americani, messicani. Ergo, bisognava parlare in inglese. Ma non solo parlare in inglese, bisognava descrivere il cibo e le sensazioni provate, in inglese.
Panico.
Dopo aver espletato la mia quasi imbarazzante performance in cui sono riuscita a dire I also play with my food, I tried to drown the lemon ossia Ho giocato anche io con il cibo, ho tentato di annegare il limone (avevo portato dell'acqua con dentro la metà di un limone) mi sono calmata e ho iniziato a pensare.
Ho pensato:
A quanto sia difficile descrivere il cibo in altre lingue.
A quanto sia difficile descrivere il cibo in generale e quante poche parole ci riduciamo ad usare quando non poniamo attenzione, limitandoci a quelle banali.
A quante parole si possono inventare per le descrizioni, usando neologismi che funzionano nella nostra lingua e nel nostro microcosmo sociale ma altrove non vogliono dire nulla.
Primo pensiero
Studiare gli aggettivi per descrivere gli alimenti in inglese.
E mi si è aperto un mondo. Crooked (sbilenco), greasy (unto) e prickly (spinoso, pungente) sono i miei nuovi amici.
Secondo pensiero
Provare a descrivere il cibo che ho davanti tramite ciò che raccolgono i miei sensi.
Cosa vedono i miei occhi? Colore, superficie, forma, dimensione, ___
Cosa sente il mio naso? Odore, persistenza, ___
Cosa sentono le mie mani? Consistenza, temperatura, superficie, ___
Cosa sente la mia bocca? Sapore, temperatura, forma, persistenza, consistenza, ___
Cosa sentono le mie orecchie? Suono, reazione al mio tocco e al mio morso, ___
Non è così facile. Per descrivere un limone sono arrivata a sfiorare una sensazione di piccolezza inaudita.
Occhi: è giallo, ma non tutto, è anche verdino, e bianco e giallino pallidino (detesto i diminutivi ma nella descrizione del mio limone fioccavano). È butterato, ondulato fuori, con delle piccole fosse che lo rendono liscio ma in modo incostante. Organizzato. In alcuni punti spumoso.
Naso: un odore intenso, fresco e bagnato, frizzantino.
Mani: liscio, polposo, freddo, cedevole.
Bocca: acido, aspro, astringente, fresco, secco.
Orecchie: umido, anzi bagnato, viscido e scivoloso.
Praticamente mi sono perduta in un limone, massivamente perduta.
Terzo pensiero
Mentre tentavo di appianare le divergenze con il mio limone continuavano a venirmi in mente delle parole inesistenti o arcaiche che però erano esattamente quello che cercavo.
Ad un certo punto il limone è diventato brullo, ciciaccoso, spappoloso, turgido (turgidello in realtà), brividizzante, incellettato. Ed era un banale limone.
La prossima volta che guarderò il clone di quel limone probabilmente sorriderò sapendo che esperienza portentosa abbiamo vissuto insieme.
Ma veniamo a noi. Ecco l'esercizio (ormai avrai già capito di cosa si tratta).
L'obiettivo supremo è guardare il cibo, qualsiasi cibo, senza giudicarlo, ossia senza dividerlo in buono o cattivo, giusto o sbagliato, fame o infame, angeli e demoni e così via. Semplicemente guardarlo e descriverlo per quello che appare fisicamente.
Questo esercizio è utile per appianare le nostre divergenze con il cibo, diminuendo l'emotività e il giudizio che colleghiamo ad esso.
È un esercizio che non cambierà la vostra esistenza ma magari per qualche minuto guarderete quell’alimento in modo diverso. Lo riconoscerete tra tanti. Quello è il mio limone, siamo intimi.
Sarebbe meglio non avere troppa fame mentre fate questo esercizio altrimenti penserete solo a mangiare quello che state guardando.
Cosa fare: scelgo un cibo o una bevanda. Posso scegliere qualsiasi cibo o bevanda, perché ai fini di questo esercizio ogni cibo è uguale all'altro, e ogni bevanda è uguale all'altra.
Appoggio ciò che ho scelto davanti a me, mi siedo sfidandolo, come in uno stallo alla messicana (prima della sparatoria).
Posso anche eventualmente farlo mentre mangio, inserendo una parentesi tra un boccone e l'altro, senza che i commensali se ne accorgano.
E poi, con l'intenzione di descriverlo al meglio
Lo guardo
Lo tocco
Lo annuso
Lo ascolto
Lo assaggio
Che alimento ho scelto?
L’ho scelto a caso o l’ho puntato perché avevo voglia di esplorarlo?
Che parole ho usato?
Ho trovato le parole per me più adatte in quel momento? Se non le ho trovate, le ho inventate?
Ho giudicato ciò che avevo davanti? (Usando parole come bello, brutto, giusto, sbagliato, concesso, proibito, piacevole, spiacevole o usando tutti quegli aggettivi più soggettivi che oggettivi).
Dopo l'esercizio, è cambiato qualcosa nel modo in cui guardo l'alimento che mi trovo davanti o è lo stesso di prima?
Se vuoi condividere con me la risposta a queste domande o qualche pensiero inerente, scrivimi (a corpiarrosto@gmail.com o rispondendo a questa email).
Nel caso tu ritenga che inventare nuove parole sia infantile, ti sfido a farlo ugualmente. Ti chiedo di ritrovare il piacere della creazione di qualcosa di solo tuo, che ti corrisponda in quel momento. Di non aver paura di giocare con le descrizioni, purché si preservi il rispetto di ciò che viene descritto.
Se non hai voglia di fare l’esercizio non farlo.
Se non riesci a farlo, sospendilo, e riprendilo in un momento più ispirato o calmo.
Per oggi è tutto. Passo e chiudo.
Sara
Se hai un’ora libera e ti piacciono i racconti ti consiglio di guardare l’intervento Storie ebraiche per decifrare il mondo di Elena Loewenthal, fatto a Molte Fedi 2020, che narra le possibili interpretazioni dell’In principio e le sue particolarità. Questo collegamento potrebbe essere considerato poco attinente, e infatti lo è, ma le storie non si dovrebbero mai disdegnare. Serve solo a farti capire che per una semplice lettera dell’alfabeto ci possono essere parecchie interpretazioni.