Oggi voglio raccontarvi una cosa, e basta.
Nonostante sia quasi irrilevante, ha affollato i miei pensieri e poi non sono stata più la stessa (non mi ha sconvolto l’esistenza ma è stata come un’epifania, esplosa per rimanere).
La cosa ha scatenato una reazione di vulnerabilità mista a fascino, con qualche punta di paranoia curiosa.
Il gelato
Sul gelato sono molto selettiva e abbastanza esigente: ho selezionato i posti in cui mi piace di più quello artigianale (soggettivo) e le marche che hanno o non hanno determinati ingredienti e che mi garbano di più (sempre assolutamente soggettivo).
C’è un gelato confezionato, che trovo poco, costa molto e che mi piace tenere nel congelatore per quando ne ho voglia, che l’atro giorno mi guardava dallo scaffale (in offerta) con gli occhioni dolci e le braccia aperte.
Ho fatto incetta. Era mio dovere e fonte di salvezza.
E ho preso un gusto nuovo. Solitamente prendevo il pistacchio (ognuno ha il suo gusto prediletto, è soggettivo) e questa volta invece ho preso la nocciola, perché in questo periodo della mia esistenza ho deciso di dare un’altra possibilità alla nocciola che avevo sempre, inspiegabilmente, evitato.
Premessa 1
Sì, mentre scrivo sto mangiano il suddetto gelato.
Premessa 2
Quando mangio, il gelato o qualsiasi altra cosa, lo faccio in modo consapevole, concentrata sull’atto del mangiare, attenta a quello che sto facendo, ricettiva nei confronti di odori sapori consistenze temperature, ascoltando le mie sensazioni di fame e sazietà e appagamento, quello che ho voglia o non ho voglia di mangiare.
Il gelato spesso non è mangiato per fame fisica (che è quella dell’ho fame quindi mangio), ma è comunque in grado di nutrire un parte di noi e di soddisfarci, di appagarci. Può, e deve avere, se ci piace, un suo spazio nella nostra alimentazione.
Premessa 3
Soprattutto per chi mangia in modo inconsapevole e avido, ma può essere utile anche per tutti gli altri, c’è una pratica che consiste nel dichiarare a se stessi (e poi rispettare ciò che si è concordato) quando si finisce di mangiare.
Quando non ho più fame?
Quando quell’alimento mi ha soddisfatto e nutrito abbastanza?
Quando può bastare?
Una volta trovato quel momento e risposto a queste domande decido quale sarà l’ultimo boccone o l’ultimo morso o l’ultimo cucchiaio o forchettata. E quando è il momento appoggio le posate, allontano il piatto o chiudo il contenitore, mi dico Ho finito, sono soddisfatto, se riesco mi prendo qualche secondo di pausa, per ascoltare o guardare o percepire il mio corpo sazio, sodisfatto, pieno, appagato. E poi torno alle altre mansioni pago e gratificato da quello che ho mangiato.
Ve l’ho spiegato brevemente, per farvene avere un’idea. Ogni persona declina poi questo esercizio generico a suo modo e secondo le sue esigenze e necessità.
Ma, c’è un ma
Stavo scodellando il gelato dal contenitore (non sono abituata a travasarlo nel bicchiere perché non so mai in anticipo quanto gelato sarà abbastanza, e rimettere il gelato non mangiato nel contenitore mi sembra una cosa strana, anche se possibile).
Gelato alla nocciola.
Gelato alla nocciola con le nocciole dentro. Ma non una o due nocciole, pezzi di nocciole tostate ovunque.
Ad un certo punto era arrivato il momento di fermarmi. Ero appagata, non avevo più fame o voglia di gelato. E mi sono detta Al prossimo pezzo che trovo mi fermo.
Ed è qui che mi sono rotta.
Continuavo a trovare pezzi, seminascosti, invitanti. Piccole nocciole seminude che giocavano a nascondino con me. Sono caduta in trappola. Sono andata oltre la quantità di gelato che era stata capace di saziarmi. Dopo qualche cucchiaiata da minatore invasato che ha trovato un agglomerato di pietre preziose grezze, mi sono fermata e ho iniziato a pensare.
Pensieri molto cospirazionisti, tipo:
Li hanno messi apposta i pezzi così le persone non riescono a smettere di mangiare, perché continuano a trovare i pezzi e quindi alla fine mangiano più gelato e finiscono prima la confezione e ne comprano di più.
Lo fanno apposta a mettere dei pezzi così buoni (delle nocciole tostate, non della granella o degli agglomerati informi) il cui sapore e la cui ricerca ricordano quella del Sacro Graal1?
Chi è l’infame che ha inventato i pezzi nel gelato? Bravo, bravo lui. Bella idea. Un applauso silenzioso grato e rancoroso alla sua memoria.
Ma questo bug (questo malfunzionamento) colpisce solo le persone curiose o tutti?
C’è qualcuno che non è attratto dai pezzi o siamo programmati biologicamente per andare in tilt quando troviamo le nocciole nel gelato? (In parte sì perché i pezzi, modificando leggermente il gusto risvegliano le nostre papille gustative che, qualora il gelato fosse tutto uguale, si annoierebbero e smetterebbero prima di mangiare).
L’industria alimentare trova sempre un modo per fregarti e per indurti a non ascoltare il tuo corpo (questo è stato l’apice del pensiero complottista).
Il gelato poi l’ho riposto, appagata ma sconvolta, con gli occhi a fessura, minacciando: Non mi fregherai un’altra volta.
Avete un pessimo rapporto con i pezzi anche voi o sono invece l’ultimo dei vostri pensieri? Potete rispondere a questa email o scrivere a corpiarrosto@gmail.com
A presto
Sara
Io l’ho trovato il Sacro Graal ed è nel gelato alla nocciola. Il mio Sacro Graal ovviamente, il vostro non so dove sia, dovete cercarlo voi.