Oggi sarò breve. Poche parole. Poche indicazioni. Un viaggio.
Un viaggio non è poco, lo so, ma è un viaggio insolito quello che vi invito a fare.
Potrete perdere l’orientamento ma non perdervi, perché avverrà su un territorio che dovreste conoscere e da cui non potete, neanche volendo, separarvi.
Più che una pratica è una sperimentazione, questa volta. Un piccolo girovagare immaginario, una scoperta visuale progressiva. Può riuscire o non riuscire ma spero che qualche domanda, tra quelle che farò, rimarrà dentro di voi a maturare.
Può essere fatta in qualsiasi luogo, in qualunque spaziotempo e in qualsivoglia posizione. Può essere fatta addirittura in movimento.
Sarebbe meglio farla ad occhi chiusi, senza guardare realmente il corpo, solo ricordandolo o percependolo. Si può sbirciare.
Sarebbe meglio essere da sol_, sarebbe meglio non avere distrazioni esterne. Ma non è obbligatorio.
Vi chiederò di immaginare, di visualizzare, di tornare esploratori o esploratrici (se mai lo siete stat_).
Si parte
Immaginate di essere dei pirati o delle piratesse, in un’epoca in cui le scorribande sono considerate necessarie e inevitabili (un’epoca in cui imbarcarsi non vuole dire arrivare anche a destinazione).
Siete al porto (ovviamente siete in incognito, nessuno conosce la vostra professione), erett_ accanto alla vostra nave, con una mappa semitrasparente in mano.
Alcune parti del foglio sono illeggibili, altre solo abbozzate, e sicuramente non si riesce a capire dove il tragitto voglia condurvi. Un tesoro? Un’isola? Un mostro? I confini della terra e del conosciuto?
Siete curios_, pazzescamente curios_ e impavid_, integralmente impavid_.
Sentite già il brivido dell’avventura e della scoperta. L’ignoto l’avete sempre considerato il vostro compagno di viaggio.
Oggi siete degli scopritori e delle scopritrici di corpi. Oggi andrete alla scoperta non degli altri (avete sicuramente racimolato abbracci, qualche schiaffo e probabilmente dei baci, tanti quanti ne avete concessi) ma del vostro corpo, e delle sue parti, più o meno conosciute.
Odore di salsedine e legno. Vi posizionate sulla prua, con il vento che vi schiaffeggia sovrano. E salpate.
Da qui in poi siete sol_, sarete voi che piloterete la barca attraverso il vostro corpo, fino ai suoi temporanei confini. Io sono la mappa, che cerca di spingervi oltre il conosciuto.
Le prime isole, i primi relitti, i primi pesci li avrete già visti miliardi di volte. Quasi non ci fate caso, vi ci siete abituat_, non hanno più segreti.
Quali sono i primi spazi del vostro corpo, fisici, che incontrate? Quali sono le parti del vostro corpo che conoscete così tanto da non farci quasi più caso?
Le mani? Le unghie? Cosa?
Chiedetevelo e rispondetevi. Senza fretta, senza giudizio. Come se steste guardando un orizzonte.
Poco dopo troverete qualcosa di più insolito ma non sconosciuto. State continuando a seguire il percorso, ubbidienti.
Spazi del vostro corpo che sapete esserci ma ogni tanto, quando li guardate, vi sembrano diversi. Quell’isola non era più erbosa l’ultima volta che sono passat_? Non riesco proprio a ricordare.
Può essere il viso, che continua a cambiare? Possono essere i capelli, indomabili?
Chiedetevelo e rispondetevi. Senza fretta, senza giudizio. Come se steste guardando delle formiche che camminano composte una dietro l’altra.
Poi. Poi arriva quello che stavate cercando. Arriva il confine del conosciuto. il confine del vostro corpo.
Dove si trova?
Quali sono quelle parti del vostro corpo che non si lamentano mai, che non si ricordano, che si dimenticano?
Se doveste definire il confine del vostro corpo quale sarebbe? Quello dove sono arrivati in pochi, quello in cui siete arrivati anche voi solo raramente.
La schiena forse?
I glutei?
L’alluce, impenetrabile e di difficile interpretazione?
Chiedetevelo e rispondetevi. Senza fretta, senza giudizio. Come se steste guardando le onde sul bagnasciuga che si ritirano e poi tornano imperterrite.
Percorrete ogni granello di corpo, con calma e con curiosità, fino ai confini.
In che muscolo o parte di pelle finisce il vostro corpo e inizia quello di un’altra persona o dell’aria o del mobile contro cui vi state schiantando?
Quanto è durato il vostro viaggio? Dove vi ha fatt_ arrivare? Cosa avete notato?
Quanto è stato duro pensare al vostro corpo viaggiandoci sopra, cercandone i confini?
Ci sono spazi del vostro corpo in cui non avete il coraggio di andare? Che vi fanno paura e vi perseguitano?
Quei luoghi paludosi, rocciosi, bui che fanno rallentare lo scivolare della nave sull’acqua e che rischiano di inghiottirvi come sirene?
In questo viaggio, questi luoghi critici, li avete incontrati?
Che cosa ne avete fatto? Li avete evitati scrupolosamente o li avete inclusi nel percorso?
All’arrembaggio
Sara
Nelle puntate precedenti (pratica): descrivere il cibo (aggettivi), 4’33’’, Lo vuoi? No.