Profetico che l’ultima puntata si intitolasse Pausa, perché poi è stato necessario (ma anche imprevisto) che io mi prendessi una pausa. Cosa che ho fatto.
Dal momento che una pausa non è una fine, eccomi ancora a sussurrarvi domande, a chiedervi di pensare, a immaginarvi praticare. Perché no, a mettervi in crisi.
Prima della pausa vi ho lasciati con una pratica (che avrete sicuramente perpetrato nell’attesa della mia (ri)venuta), dunque, per coerenza, cercherò di ripresentarmi con un’altra pratica.
Intanto però c’è una domanda che faccio sempre alle persone che lavorano con me per modificare la relazione che hanno con il loro corpo e con la loro alimentazione, e adesso mi sembra sensato farla a voi:
Se volete rispondere potete farlo.
Personalmente ho tanti qualcosa emotivi e radi qualcosa fisici, dannatamente intensi, entrambi (mica per niente ero in pausa).
Sfatiamo un mito, smascheriamo un cattivo
Il cibo può essere usato come conforto. Non c’è niente di male in questo, purché (c’è sempre un purché) venga fatto con consapevolezza e non sia l’unica nostra risposta possibile all’emozione.
Ansia, solitudine, noia, rabbia sono tutte emozioni che proviamo (prima o poi, chi più chi meno, chi più ne ha più ne metta e così via). Il cibo non risolve nessuna di queste (o altre) emozioni, non ne è capace, non è un suo potere.
Può momentaneamente confortare, distrarre dal dolore, intorpidire, occupare (corpo e mente). Ma non risolverà il problema, è necessario affrontare le emozioni sottese per (tentare di) risolverle.
Però ti dico: il cibo può essere usato come conforto, senza sentirsi in colpa.
If my body only needs a certain amount of food to feel satisfied, but I continue to eat after I’m clearly full, then what other need am I trying to fill with food?
Se il mio corpo ha bisogno solo di una certa quantità di cibo per sentirsi soddisfatto, ma continuo a mangiare dopo che sono chiaramente sazio, allora quale altro bisogno sto cercando di riempire con il cibo?
Intuitive eating 4th edition 2020 Elyse Resch, Evelyn Tribole
E ancora:
That’s not to say you must stop turning to food for comfort—not at all; it’s simply a matter of adding more coping skills so you feel better equipped to deal with life.
Questo non vuol dire che devi smettere di rivolgerti al cibo per trovare conforto, per niente; si tratta semplicemente di aggiungere più abilità di fronteggiamento delle emozioni in modo da sentirti meglio attrezzato per affrontarle.
So instead of trying to substitute other coping mechanisms for eating every time you find yourself soothing a feeling with food, try instead to stop demonizing emotional eating—and stop following diet culture’s rules. You may still comfort yourself with food sometimes, and that’s a completely understandable part of a peaceful relationship with food.
Quindi, invece di cercare di sostituire altri meccanismi di fronteggiamento con il mangiare ogni volta che ti ritrovi a calmare una sensazione con il cibo, prova invece a smettere di demonizzare il mangiare emotivo e smetti di seguire le regole della cultura della dieta. A volte potresti ancora consolarti con il cibo, e questa è una parte del tutto comprensibile di una relazione pacifica con il cibo.
Even the most intuitive eater occasionally eats in an “emotional” way—and there’s nothing wrong with that.
Anche il mangiatore più intuitivo mangia occasionalmente in modo emotivo e non c'è niente di sbagliato in questo.
Food psych weekly with Christy Harrison 11 aprile 2022
E non c’è contraddizione, sto solo cercando di farti capire quanto ogni questione, quando si tratta di alimentazione, sia complicata.
Se proprio volessi contraddirmi ti direi di rileggere questa puntata: Lo vuoi? No.
Per non divagare troppo (per ora vi ho solo spolverato addosso l’argomento) torniamo alla pratica.
Fate una lista
Quali cibi mangiate quando vi sentite soli, arrabbiate, ansiosi o annoiate?
Scriveteli. Se ancora non li sapete, cercate di individuarli.
(Se ancora non li sapete probabilmente la difficoltà è riconoscere quando si provano queste emozioni e quindi può non essere saggio misurarsi con questa pratica, non ancora almeno).
Un volta che avete la vostra lista, usatela.
Usatela (per l’appunto)
La prossima volta che sarete sole, arrabbiati, ansiose o annoiati e vorrete usare il cibo come conforto (che non vuole dire a caso), fatelo, che si può.
Ma fatelo consapevoli del suo potere passeggero e consolatorio del cibo. Fatelo con lentezza. Fatelo con consapevolezza, guardando l’alimento scelto sapendo che lo state usando perché in quel momento ha il potere di farvi sentire meno solitudine, noia, rabbia o ansia. Guardatelo e ditegli Mi piaci, ti bramo, ho voglia di te.
La volta dopo lasciate stare il cibo e trovate un altro modo di prendervi cura delle vostre emozioni.
Chiedetevi: ho bisogno del cibo per affrontare queste emozioni? Ho sempre bisogno del cibo per affrontare queste emozioni? Ho bisogno di questo cibo per affrontare, in questo momento, questa specifica emozione?
Sto usando questo cibo per risolvere le emozioni sopracitate oppure sto usando questo cibo perché mi piace e mi rincuora in un momento buio?
Questo è lo snodo, la differenza sostanziale.
Che confusione. Che bivio.
P.s.
Dopo aver finito di scrivere questa puntata sono rincasata con il mio (ignaro) alleato. Appena varcata la soglia della sua dimora (o forse già sulle scale), guardandomi con occhi da cerbiatto, mi dice Prepara il gelatino. Che in gergo vuole dire: munisciti di cucchiaio, togli il gelato dal congelatore e raggiungimi ovunque io sia, anche nel letto se è necessario.
Ovviamente incuriosita da questa coincidenza gli domando Vuoi il gelatino perché non hai mangiato abbastanza o perché non ti ha soddisfatto quello che hai mangiato prima? Insomma, perché vuoi il gelatino?
Lui, serafico, mi risponde È fame nervosa. Quando sono stanco mi piace strafogarmi di gelatino. E questa risposta può valere come riassunto di tutto il discorso che ho cercato di fare oggi. Ogni tanto si ha bisogno di gelatino (soprattutto se lo si può avere mente si viene coccolati spatasciati sul divano), ogni tanto no. Basta sapere cosa si sta facendo e perché.
Basta poco per coccolarsi, quando si è consapevoli, e non perché si apprezzi sadicamente la privazione e il controllo del cibo di conforto ma perché potendo avere ciò di cui si ha voglia, la voglia, ormai soddisfatta, si cheta, si appisola, smettendola di urlare e martellare.
Nel caso lo aveste notato, il gelato immortalato non ha I pezzi. Salvi.
A tra poco
Sara