Quando parliamo, usiamo delle parole non casuali. Le scegliamo, alcune volte con cura, altre volte troppo frettolosamente, senza pensarci.
Alcune volte sono estremamente dure quelle che usiamo per descriverci, con cui ci identifichiamo, finendo per accettare e autoinfliggerci gli insulti degli altri.
Può capitare che ci inghiottano, diventando etichette che ci stanno strette, capaci di farci sentire vulnerabili e sbagliat_.
Oggi, e spero anche in futuro, ti chiedo di notare (e perché no, modificare poco a poco) il modo in cui parli al tuo corpo, di notare i tuoi pensieri e i discorsi su te stess_.
Vi introduco questa pratica partendo dalle parole e non dal corpo, prendendo in prestito una frase scovata all’interno di un’intervista a una sociolinguista: Potere alle parole Intervista a Vera Gheno da Fantastico! #3 2020 su medium.com
Siamo noi a nominare le cose, a decidere come chiamarle. Un potere immenso; anche perché il modo con cui chiamiamo le cose non è indifferente, dato che ne metterà in luce aspetti diversi. Perché esistono i sinonimi, per esempio? Perché non inventare un sistema semplificato in cui a ogni cosa o concetto corrisponde uno e un solo cartellino? Non sarebbe tutto più semplice? Certo; solo che perderemmo molte possibilità espressive: ognuno di noi ha, invece, modo di dire con parole sue quello che percepisce della realtà.
Potere alle parole, Vera Gheno, Einaudi, 2019
Per poter parlare del proprio corpo occorre avere delle parole a disposizione, occorre selezionarle, soppesarle. Qualche volta, ripulirle dagli insulti e dai giudizi.
Il nostro corpo fisico (che non è mai solo fisico dal momento che ci stratifichiamo sopra le nostre proiezioni e interpretazioni) è spesso oggetto di commenti da parte di noi stess_.
Quello che dicono gli altri del nostro corpo oggi non ci interessa. Ci interessa qualcosa di più profondo, di più intimo: quello che noi diciamo al nostro corpo.
Un uso distratto delle parole può creare disagi, strappi, ferite.
Un uso accorto può creare spazio, ascolto e accoglienza.
Con che occhi guardiamo il nostro corpo? Curiosi o critici? Con quanta durezza o insoddisfazione ci scannerizziamo? Con quali aggettivi ci descriviamo?
Prima parte: accorgersi
Ti invito a fare attenzione alle parole che usi e ai giudizi che in esse si nascondono.
Tutte le volte che ti focalizzi sulle imperfezioni di alcune parti del tuo corpo questo crea una maggiore preoccupazione e una maggiore ipervigilanza (che può sfociare in una modifica del nostro rapporto con l’alimentazione e il cibo).
È difficile rispettare il proprio corpo quando costantemente lo rimproveriamo di non apparire nel modo giusto, di essere sbagliato e inadatto.
Molte persone sono inconsapevoli di quanto spesso screditino i loro corpi. Quante volte al giorno rimproveri o sgridi il tuo corpo? Prova a contarle. Quante volte lo controlli e lo disapprovi?
Ogni pensiero denigratorio acuisce l’insoddisfazione corporea di cui ci accerchiamo. E circondare te stess_ con questi pensieri ti farà semplicemente sentire ancora più frustrat_ e inadatt_ (nei confronti del corpo ma anche in tante altre aree, che finiranno per esserne intaccate).
Seconda parte: creare spazio per altro
Prova, un volta individuati gli aggettivi infami e le frecciatine, a evitare, nel parlarti o descriverti, quei concetti che appartengono a qualcosa di più ampio di te:
Bello, brutto, normale, schifoso, deforme, sbagliato, giusto, troppo grosso, troppo piccolo, deforme…
Cambia le parole, rendile più spaziose, più neutre. Ripuliscile.
Invece di focalizzarti su cosa non ti piace del tuo corpo, focalizzati sulla relazione con il tuo corpo e come puoi migliorarla parlandogli e parlandoti con gentilezza.
Parti da qualcosa di semplice:
Le mie mani possono stringersi intorno ad altri corpi, in abbracci o strette, possono accarezzare e prendere al volo
Con le mie gambe posso camminare, correre, saltare, cadere
Ho notato che il mio sorriso ha la capacità di fare sorridere le altre persone
La mia pelle mi permette di sentire la sensazione dell’essere toccato
Magari una di queste dichiarazioni di apprezzamento risuona dentro di te ma ricordati che puoi crearne di tue in modo che ti corrispondano e corrispondano soprattutto al tuo corpo.
Cerca di non ridurre il tuo corpo alle sole aree che non ti garbano, accorgiti anche di quelle che funzionano, che ti piacciono, che ci sono indipendentemente dal fatto che tu le voglia o no.
Un’accortezza
Ti chiedo di cercare degli aggettivi capaci di descrivere tutto il tuo corpo, non solo il tuo aspetto fisico.
Le due cose possono essere molto diverse perché l'aspetto fisico è basato sull’estetica e l'estetica è un qualcosa di molto culturale e meno personale, deciso perlopiù dall’esterno.
Il nostro corpo però non è solo aspetto fisico, non è solo estetica, il corpo è anche percezione del corpo stesso da parte di noi stessi.
Il corpo è anche funzionalità, è anche movimento, il corpo è anche emotività, anche dolore. Il corpo è anche odore, tatto, sapore.
Perciò non cercate parole capaci di descrivere solamente le vostre forme e i vostri colori. Cercate quegli aggettivi, quelle frasi, capaci di descrivere profondamente le parti di cui si compone il vostro corpo.
Le labbra non saranno solo sottili, grosse, sporgenti, lisce o gonfie. Saranno delle labbra che vi permettono di baciare le persone, che vi permettono di sussurrare e urlare, di mettere un rossetto, di screpolarsi, di rompersi e sanguinare, di capire se il cibo scotta. Avranno un colore, avranno un sapore (soprattutto la mattina appena svegli), una consistenza.
Così quelle labbra, che magari non ci piacciono, diventano solo labbra, non biasimabili per questo, ma, anzi, elevabili per tutte le loro funzioni e qualità.
Provate ad applicare questa curiosità, questa gentilezza, anche alle altre parti, soprattutto a quelle che solitamente sono accantonate come inadatte e ridicole, brutte.
Create spazio per un altro modo di vedere le cose e voi stess_, e di conseguenza gli altri.
E accogliere non è accettare, si può accogliere l’inaccettabile.
Il silenzio è cosa viva, Chandra Livia Candiani, Einaudi, 2018
Se, cercando le parole, ne hai trovata qualcuna da condividere con me puoi rispondere a questa email o puoi scrivere a corpiarrosto@gmail.com
Adesso smetto di scrivere così che voi possiate ascoltarvi e parlarvi.
Sara
Le pratiche precedenti: Descrivere il cibo (aggettivi), 4’33’’, Lo vuoi? No, Confini.